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Geological Tours

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La perla d'Africa, Tororo Mbale sipi falls
 

autore:    Dario Ferroni [20-11-2013]

L’Uganda, grazie ai suoi numerosi laghi, zone umide e riserve d’acqua dolce, è caratterizzato da una diversità di ambienti e di climi, di profili vegetativi ed ecologici che è straordinaria per un paese africano. Le differenze sono densamente concentrate in poche migliaia di chilometri e anche l’occhio meno allenato a leggere i diversi panorami ne rimarrebbe colpito. In questo territorio, così dotato dal punto di vista naturalistico, si succedono anche infiniti habitat unici nel loro genere che donano all’Uganda un’incredibile biodiversità. Il patrimonio naturalistico è stato violentemente modificato dalla colonizzazione degli ultimi 150 anni che ha determinato una deforestazione quasi totale del paese per scopi commerciali: esportazione di legnami esotici pregiati, creazione di immense piantagioni di tè e caffè nonché dalla costruzione di svariati invasi artificiali per la produzione idroelettrica sul Nilo e sui suoi affluenti. Al momento solo qualche area del paese è parzialmente protetta da alcuni fra i parchi nazionali più belli al mondo che custodiscono aree dal valore ecologico assoluto. Una parte relativamente grande delle foreste pluviali primarie dell’Africa, è inclusa nei confini dell’Uganda e alcune fra le riserve forestali più belle, affascinanti e studiate del continente sono proprio all’interno di queste grandi e impenetrabili foreste. In questo paradiso ecologico si instaura però, uno dei fenomeni di crescita demografica più importanti del continente. L’Uganda vanta infatti il primato dei paesi in più rapida crescita demografica della sua zona e, viste le sue dimensioni ridotte, questo fenomeno è molto pericoloso per l’ecosistema che lo accoglie.

Crescita demografica e effetti collaterali
Alcune stime presentano dati secondo i quali, se non verranno presi provvedimenti tempestivi, l’intera superficie forestale dell’UgandKampalaa al di fuori dei parchi nazionali scomparirà entro 25/30 anni, con tutti i conseguenti danni ecologici che ne derivano. Al momento la deforestazione è il primo effetto della grande crescita demografica del paese che, come tutti i paesi in via di sviluppo, si sta inurbando secondo dinamiche accentratrici. Tutti convergono verso la capitale Kampala e in un paese in cui il 95% della popolazione cuoce le sue pietanze e si scalda (ebbene si anche all’equatore, se si vive a 2000 metri d’altitudine, serve il riscaldamento!) con carbone vegetale, è facile capire come le riserve forestali siano in serio pericolo. Ed è proprio in questa situazione di emergenza ecologica per il paese che si instaura la possibilità di apprezzare a fondo il valore della salvaguardia della biodiversità. La misurazione della biodiversità in Uganda riesce ad assumere valori completamente disparati anche se misurata in aree contigue e limitrofe. Si passa da livelli altissimi in cui la concentrazione di specie viventi in una determinata area è impressionante (basti pensare alle più di 300 specie di uccelli nel Bwindi Impenetrable Forest National Park) ma precipita a livelli allarmanti nelle zone urbane o periurbane di Kampala o nelle immense piantagioni, decisamente poco eco-friendly, che sorgono sulle sponde del lago Vittoria. Infatti, è solo viaggiando in questo paese che si riesce a passare, in solo qualche ora di auto, da zone in cui coppie di leoni attraversano la strada ad una megalopoli in cui milioni di persone condividono uno straccio di territorio e in cui il traffico è caotico, insensato, immobile e soffocante.

E vogliamo parlare delle risorse naturali?
In questa tensione ecologica così forte ed evidente, si innestano progetti di grandi e piccole organizzazioni che cercano di evitare il peggio, promuovendo un utilizzo più sostenibile delle risorse del paese e cercando di agire in controtendenza alle politiche energetiche del paese. Il presidente dell’Uganda lo scorso dicembre ha dichiarato, dando evidenti segni di miopia ecologica, di voler risolvere il problema della deforestazione per la produzione di carbone vegetale improntando il cammino per la costruzione di una centrale nucleare proprio sulle rive del lago Vittoria, in modo da poter fornire a tutti i cittadini energia elettrica a basso costo utilizzando un’altra risorsa di cui il paese è ricco: l’uranio!

Ha inoltre sostenuto la tesi della vendita di petrolio (estratto da multinazionali cinesi proprio all’interno dei confini di uno dei più bei parchi naturali dell’Africa) a prezzi scontati al fine di innescare una nuova era di sviluppo per il paese.
In questo contesto si capisce come sia necessario continuare a sperimentare e conoscere realtà come questa ai fini di sostenere la conservazione della biodiversità in paesi in cui operano molte organizzazioni, come WWF Uganda, che stanno lottando con pochi mezzi per instaurare e far conoscere i loro progetti di gestione sostenibile e certificata (FSC) delle foreste più importanti del paese. Queste ultime, se ben gestite, potrebbero produrre abbastanza fonti rinnovabili al loro paese.

Gorilla gorilla beringei 51147Gorilla di montagna: un fenomeno turistico da rivedere?
«Tu che sei bianco, ma mi sembri sveglio, sapresti spiegarmi perché arrivano da tutto il mondo e spendono 500 dollari a testa per meno di un‘ora di visita ai gorilla di montagna? Questi animali hanno il 98% del DNA uguale a quello umano. Noi Mutwa, che abbiamo il 100% del DNA che hanno loro, e che vivevamo da millenni in queste foreste in pace assieme ai gorilla, siamo invece costretti a vivere come mendicanti nella nostra terra, tirando spesso a campare con meno di 500 dollari all’anno, e nessuno ci considera?»
Con questa domanda a bruciapelo mi ha congedato Gad, uno dei pochi Omutwa che parla un buon inglese e che vive sulle sponde del lago Bunyony al confine tra Uganda e Rwanda, dopo un paio di giornate passate assieme camminando tra i villaggi della sua gente. La risposta, che io su due piedi non sono riuscito a dargli, c’è ed è meno difficile di quello che si pensa, ma sono quelle risposte che non sempre piacciono a chi guarda le cose con l’occhio occidentale.
Credo che i fattori che determinino questa cattiva gestione di un patrimonio così unico e caro a tutta l’Umanità come i gorilla di montagna, sono tanti e spesso alcuni di essi sono fumosi e si perdono nell’imperscrutabile orizzonte del colonialismo più distruttivo e nella derivante corruzione africana nonché nella catastrofica mancanza di visione d’insieme che spesso dimostrano le autorità che si arrogano la gestione delle meraviglie ecologiche del pianeta (e non solo quelle africane). Di certo, per chi si occupa da anni di turismo responsabile, una domanda così è una di quelle domande che mette in moto una lunga serie di ricerche, verifiche sul campo e revisioni delle proprie posizioni e dei propri percorsi di viaggio.
In merito alla visita ai gorilla di montagna in Uganda quindi, non ho ancora una posizione definitiva. Non ho dubbi però sul fatto che, se nei viaggi che organizzo e accompagno la visita ai gorilla di montagna è opzionale, risulta invece fondamentale un percorso di conoscenza responsabile delle popolazioni pigmee che vivono in quelle foreste da qualche decina di migliaio di anni.
Ogni volta che torno nel villaggio di Gadri trovo sempre l’immagine della sua faccia simpatica che mi pone questa domanda e gli sono decisamene grato per avermi creduto capace di risolvere il suo dilemma.