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La guida racconta

Dopo il primo giorni di viaggio in cui visitiamo località del Golden Circle Geysir e Gulfoss, magnifiche ma “rovinate” dal turismo di massa, ci addentriamo per percorsi sterrati via via più impegnativi. Appare subito chiaro che i paesaggi sconfinati sono un premio per chi ha il coraggio e la capacità di affrontare ogni tipo di strada secondaria: e così a bordo delle nostre Defender abbiamo guadato fiumi insidiosi, superato antiche colate laviche sconnesse, morene e pietraie, ripidi pendii fangosi, sabbie nere e gialli deserti di pomice.

Cosa c’è lungo le centinaia di chilometri di percorso nelle highlands interne dell’Islanda? Ad un primo sguardo un nulla apparente, seppur magnetico nelle sue distese sconfinate e solitarie in cui la vita si riduce a piccoli cuscini fosforescenti di muschi e licheni, nelle poche zone dove si aggrappa alle risorse centellinate che il paesaggio ha da offrire. Chi invece riesce a decifrare gli eventi tellurici che hanno plasmato questi territori maestosi, magari grazie all’aiuto di un geologo esperto capace di condurti sia per i sentieri che attraverso ere passate, si troverà gradualmente catapultato in un mondo di forme elementali e di violenti fenomeni generativi. In una tranquilla piana lontana da vulcani e scarpate, massi giganteschi ci scortano lungo il cammino: per giustificare la loro presenza, il folklore locale gli attribuiva la capacità di “camminare” sotto forma di troll, ed invece sono stati passivamente trasportati da lingue di ghiaccio ai tempi dell’ultima glaciazione; le montagne ai lati del sentiero di una lunga escursione sono striate di rosso, arancione, verde-grigio, viola e giallo, come mai? colpa dell’ossidazione di vari elementi separatisi a diverse temperature dal magma della zona, come in una raffineria per titani; in un altro tratto, le pareti che costeggiamo sono sinuose e compatte: nient’altro che tufo, testimone di un fenomeno esplosivo che ha condensato le polveri vulcaniche ardenti, modellate infine da acqua e vento nel corso dei secoli. D’altronde in tutti i panorami su cui posiamo gli occhi, l’impronta dell’uomo è pressoché assente e si limita a qualche sparuto e rarissimo rifugio e al sentiero tracciato. Per il resto il paesaggio è come Madre Natura l’ha fatto, e così si inizia a comprendere come nessuna morfologia è casuale ed ogni elemento racconta una parte della Storia Naturale dell’Isola.

Il passo fisicamente più ambizioso del nostro viaggio è la risalita del Vatnajökull, il ghiacciaio più grande di Islanda, la quarta massa di ghiaccio al mondo dopo le calotte polari e il Campo de Hielo Sur in Patagonia. Trovarsi al suo cospetto è di per sé un’esperienza incredibile: avvicinandosi da nord sembra una corona di ghiaccio che intrappola una catena montuosa che si perde verso Est e verso Ovest. Non è possibile salire sulla parete più vicina al rifugio a causa dei crepacci, perciò saliamo lungo un fianco molto più pendente ma più sicuro, in silenzio per risparmiare fiato prezioso in salita, il suono dei ramponi che penetrano nella neve in sottofondo. Il premio di tanta fatica è anche questa volta unico nel suo genere, un lago termale incastonato nel ghiaccio a 1900 metri di altitudine.

Gli ultimi giorni di viaggio ci riavvicinano alla vita. Spendiamo due giorni a Landmannalaugar, le “Terme del popolo”, un campo tende ai piedi di una nera colata lavica da cui partono i sentieri per ammirare le celebri montagne colorate. Dopo tanta solitudine, il campeggio assomiglia ad un festival un po’ freak, ma l’atmosfera è accogliente e tranquilla. Altra particolarità del luogo da cui prende il nome sono le acque termali naturali che scorrono vicino all’antica colata lavica, un’esperienza paradisiaca dopo un lungo trekking al freddo.

Arriviamo infine a Þórsmörk per le ultime due notti in tenda, in uno dei campeggi più belli che abbia mai visto. Si estende in una vallata fluviale ai piedi di montagne sormontate da un “modesto” ghiacciaio, ricoperta da un bosco di betulle, raro esempio di vegetazione primaria dell’isola. Le strutture del campeggio sono diffuse, con dei ponticelli di legno su limpidi ruscelli a collegare alcune zone, e qua e là le tende dei visitatori. Ed è proprio in questo angolo idilliaco consacrato agli Dei norreni che l’ultima sera l’Islanda ci ha regalato lo spettacolo dell’Aurora Boreale in pieno agosto. Gli antichi pensavano che i confini del Mondo fossero bordati da un perenne incendio, e che di notte la luce delle fiamme si riflettesse sulla volta celeste generando l’Aurora. E proprio così appare ai nostri occhi, lenta, mentre ondeggia sulle nostre teste, come il riflesso di luce sulla superficie di un immenso lago cosmico.

Reportage di Viaggio di Marcello Bizzarro